venerdì 27 giugno 2014

#AdPersonamLaVendetta

Altro che errore. L’articolo “salva Renzi” nella riforma Madia della Pubblica Amministrazione c’è ancora. La norma è stata riscritta, ma non eliminata, come aveva garantito Palazzo Chigi pochi giorni fa, e Tommaso Rodano oggi sul Fatto Quotidiano spiega sapientemente come sia stato possibile il giochino.

Il decreto legge pubblicato mercoledì in Gazzetta Ufficiale introduce una piccola modifica al Testo Unico degli Enti Locali del 2000.
Il testo (articolo 11, comma 4) è sibillino: “Resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale”.

Proviamo a spiegare. Mentre la prima parte dell’articolo (il “divieto di effettuazione di attività gestionale”) stabilisce un principio ovvio (lo staff delle segreterie di sindaci e presidenti, assunto a tempo determinato, non può svolgere compiti dirigenziali), la seconda parte estende quel divieto anche a quei contratti “parametrati a quelli dei dirigenti, prescindendo dal titolo di studio”. Si ammette, in sostanza, che i componenti dello staff possano ricevere lo stesso trattamento economico dei dirigenti, senza tener conto dei loro curricula.
Si tratta di una fattispecie molto simile a quella che tre anni fa è costata a Matteo Renzi una condanna in primo grado per danno erariale.
Il 4 agosto 2011 la Corte dei Conti di Firenze ha giudicato l’attuale premier responsabile dell’assunzione irregolare di quattro persone nello staff della sua segreteria, quando era presidente della Provincia di Firenze (da 2004 al 2009). I quattro sono stati assunti a chiamata diretta con un contratto di categoria D invece che C, nonostante non avessero mai ottenuto il titolo di studio (la laurea) necessario per essere inquadrati in quella fascia e con quello stipendio. I giudici contabili fiorentini, quindi, hanno condannato in primo grado Renzi a risarcire lo Stato: la multa per l’attuale presidente del Consiglio è stata di poco meno di 15 mila euro, il 30 per cento della cifra complessiva (circa 50 mila euro) divisa con gli altri venti condannati.
Ai tempi, Renzi si consolò sottolineando il forte sconto rispetto alle richieste della procura (che chiedeva un risarcimento superiore ai 2 milioni di euro), ma ricorse comunque in appello per ribaltare una sentenza considerata, a quale titolo non si sa, “fantasiosa e originale”.
Quando arriverà il secondo grado di giudizio, però, la norma incriminata potrebbe non esserci più, visto che l’articolo 11 comma 4 del decreto legge Madia riconosce la possibilità di “trattamenti economici parametrati a quelli dirigenziali, prescindendo dal titolo di studio”.
Già in una delle bozze precedenti della riforma della pubblica amministrazione era comparso un paragrafetto che (in modo ancora più esplicito) avrebbe reso lecite le assunzioni incriminate di Renzi.

Quando B. provava lo stesso giochino per aggiustare i propri processi un'intera categoria si sollevava irata e bellicosa (giustamente, ci mancherebbe altro). Allora perché oggi questo scandalo sta passando quasi del tutto inosservato? Perché il primo giornale italiano (per copie vendute, non certo per qualità) quale è Repubblica non si alza più a gridare allo scandalo o a organizzare raccolte firme, campagne mediatiche di informazione? Come si fa a credere alla buona fede di giornalai come Scalfari?

La norma incriminata, tornando a Renzi, era rappresentata dall’articolo 12 della riforma e stabiliva che “in ragione della temporaneità e del carattere fiduciario del rapporto di lavoro si prescinde nell’attribuzione degli incarichi dal possesso di specifici titoli di studio o professionali per l’accesso alle corrispondenti qualifiche ed aree di riferimento”.

Lo staff del presidente del Consiglio, non appena il Fatto aveva scoperto e denunciato la norma salva-Renzi, aveva assicurato che si trattasse di “un errore” (ci mancava solo arrivassero ad affermare che la norma si fosse messa nera su bianco da sola) e che sarebbe stata cancellata dal testo definitivo del decreto legge. Così è stato.

Tuttavia, o credono che siam scemi noi o che loro siano più furbi. Al suo posto, è stato inserito il nuovo articolo di cui abbiamo detto sopra, che interviene ancora sulla fattispecie che è costata al premier la condanna amministrativa in primo grado. Rimane intatta, con la nuova formulazione, la possibilità di assumere dipendenti (nelle segreterie degli enti locali) con uno stipendio equiparato a quello dei dirigenti. Rimane intatta, soprattutto, la possibilità di farlo “prescindendo dal titolo di studio”, come fece Renzi quando era presidente della provincia di Firenze. E per cui, anche se solo in primo grado, è già stato anche condannato. Anche se da Palazzo Chigi, stavolta, garantiscono che la nuova norma non riguarderà il caso specifico del presidente del Consiglio ma arriverà ad influenzarlo per forza di cose (lo capirebbe chiunque, non serve essere grandi esperti di diritto checché ne dica l'ex Napolitanina e gli altri scagnozzi renziani).

Insomma, finito un ventennio di eterne lotte contro leggi ad personam, ci si appresta a viverne un altro? In fondo, non a caso, siamo la nazione più gattopardesca che possa esistere e Renzi, in ogni suo atto quotidiano, conferma di essere un OGM (Organismo Gattopardescamente Modificato).

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